Intervista a Francesco Mannella, Leggenda

Un.Dici
10 min readJun 17, 2020

Il più piccolo in campo, dotato di rapidità fuori dal comune e notevoli abilità balistiche, affinate attraverso la costanza in allenamento e la passione per il gioco.
Francesco Mannella, prodotto tra i più prestigiosi del Valdarno cestistico, ha da poco compiuto 60 anni, laureandosi “Leggenda tra le leggende” in un contest proposto dalla Lega Nazionale di Pallacanestro relativo alla Serie A2, grazie alla sua militanza nella Pallacanestro Trapani.

Una competizione online a “scontri diretti”, decisa dai voti dei tifosi attraverso le piattaforme Instagram e Facebook, in cui ha surclassato i diretti concorrenti sfida dopo sfida, conquistando il titolo di “Leggenda”.
Nato a San Giovanni Valdarno e cresciuto nel vivaio del Centro Sportivo Alberto Galli, dopo due esperienze a Fabriano e Reggio Emilia approda a Trapani nel 1982, conducendo i suoi fino alla serie A1 durante un decennio splendente.
In seguito si fa vedere ancora in Valdarno, per guidare il Galli in B1 attraverso la storica promozione del 1993, prima di tornare nella sua Sicilia, dove vive ancora oggi.

“Ho concluso la mia carriera professionistica a Trapani in A2, prima di ricoprire la carica di Assessore allo Sport, che avevo già sperimentato nel biennio sangiovannese” racconta Mannella.
“Avrei potuto proseguire a buoni livelli ancora qualche anno, ed infatti sono tornato sul parquet per pura passione nelle serie minori, per ritirarmi ufficialmente a 46 anni. Tornando anche in Valdarno tra l’altro, sia a Figline che a Terranuova. Qui, con coach Nando Poccetti, realizzai la miglior serie di canestri da tre in tutta la carriera: 10 canestri su 10 tentativi. Era la stagione 2005/06”.

Carriera lunghissima e vincente quella di Francesco, fondata su una competitività appresa nei campetti della sua gioventù, che hanno formato intere generazioni di ragazzi costruendo la tradizione cestistica sangiovannese.

“Per diventare “una leggenda” è necessaria una forte passione, oltre ad una totale dedizione verso il gioco. È importante perseverare e crederci, soprattutto di fronte alle difficoltà.
Ricordo che quando avevo 19 anni, lasciai la mia provincia di origine per giungere a Fabriano, in A2. L’impatto non fu semplicissimo, ma riuscii a giocare tanto e bene, agli ordini di coach
Alberto Bucci e come riserva di Maurizio Lasi. Il mio gioco era ancora molto “indisciplinato” , così Bucci mi lasciò andare a Reggio Emilia a fine anno, ritenendomi ancora troppo acerbo.
Del resto ero cresciuto sui campi dell’Oratorio Don Bosco, basandomi sulla rapidità e le penetrazioni, non ero ancora pronto ad una impostazione più ragionata. Ho appreso quello stile intorno ai 30 anni, iniziando a sfruttare il tiro da dietro l’arco, con percentuali sempre in crescita anche nel campionato 1991/92 vissuto in A1 con Trapani.
In panchina sedeva
Giancarlo Sacco, ed ebbi modo di ritrovare tantissimi giocatori con cui mi ero scontrato nelle giovanili, divenuti professionisti. Per Trapani sfidare le migliori squadre italiane fu un autentico onore, e per me fu incredibile giocare nuovamente contro talenti del calibro di Roberto Brunamonti o Alessandro Fantozzi, a distanza di tempo.
Ai tempi del Galli, il risultato finale era spesso a nostro vantaggio. Dopo averli persi di vista per quindici anni, incontrarli “da senior” fu molto particolare, anche perché il risultato finale si rovesciava spesso dalla loro, essendo il Trapani una neo promossa. Anche se, per quanto riguarda Fantozzi, in realtà con il Banco Roma vincemmo due volte su due in quella stagione.”

Per comprendere meglio quel campionato — ancora indelebile nella memoria dei tifosi della Pallacanestro Trapani — dobbiamo guardare al progetto nel suo insieme, completato progressivamente ed in modo impeccabile.
Come già detto Mannella arriva nel 1982, e con la guida di coach Emilio Trivelli la squadra riesce a completare due promozioni consecutive, giungendo in serie B1. Dopo un paio di secondi posti e qualche stagione travagliata, si giunge al campionato 1989/90, con l’aggiunta a roster di Giuseppe Cassì, da affiancarsi a Davide Lot e Antonio Guzzone già a disposizione di coach Gianfranco Messina. Le porte della serie A2 si aprono dopo un secondo piazzamento in regular season dietro la Mens Sana Siena, e la vittoria in finale playoff contro la Sangiorgese.

L’opera pianificata dal presidente Vincenzo Garaffa e dal general manager Valentino Renzi (presidente della Legabasket dal 2009 al 2014, tra l’altro), si completa definitivamente.
Ma a Trapani l’idea è quella di sognare in grande, con una promozione da assoluta outsider nella stagione seguente, guidati dal coach livornese Gianfranco Benvenuti, che verrà sostituito da Giancarlo Sacco con l’approdo nella massima serie.
Durerà appena un anno, con la retrocessione attraverso i play out, ma la permanenza di Trapani in serie A1 rappresenta un traguardo storico per tutto lo sport siciliano, e Francesco Mannella ne è assoluto protagonista.

Dal numero di Giugno 2020 di Valdarno Oggi

“A seguito di quel campionato tornai a casa ricorda oggi sposando l’ambizioso progetto del Centro Sportivo Alberto Galli. Il presidente Luigi Gallai voleva puntare in alto, costruendo un gruppo carico di talento per puntare ad una storica promozione: accanto a me, giocatori come Andrea Daviddi, Giorgio Ottaviani, Omar Serravalli, Alessandro Bini e Alessandro Berti tra gli altri.
Significativo il derby tutto familiare, contro il Figline in cui militava
mio fratello Giancarlo, anche lui capitano ed anche lui playmaker in campo. Si concluse con una vittoria a testa nei due scontri stagionali, giustamente in pareggio.

Fu una stagione incredibile, coronata con una cavalcata conclusa in un Palagalli strapieno, piena di momenti indimenticabili. Ricordo che in gara 1 di finale contro Rieti, iniziai con un perfetto 5 su 5 da tre punti, una delle mie migliori prestazioni di sempre in un momento importantissimo della stagione. L’anno seguente concludemmo al settimo posto in B1, un risultato ai limiti del raggiungibile per una società di tradizione, espressione di una piccola città”.

Un ritorno alle origini per Francesco, ancora oggi debitore delle lezioni apprese nella più grande palestra cestistica del Valdarno Aretino dei tempi, l’Oratorio Don Bosco proprio a San Giovanni Valdarno.
“Il clima che si respirava all’Oratorio era qualcosa di eccezionale per noi ragazzi dell’epoca. Varcavi la soglia e potevi scegliere lo sport che preferivi, con la moltitudine di campi a disposizione e non solo. Per un ragazzo voglioso di fare — io iniziai a giocare all’età di 8 anni — era veramente il paese dei balocchi” racconta con trasporto.

“Ricordo ancora i pomeriggi appena uscito da scuola, con il mio caro amico Alessandro Sogli ed il pallone sotto braccio, recandoci all’Oratorio dove restavo fino a buio, quando mio padre veniva a cercarmi.
In quegli anni, il campetto era soprattutto un luogo di condivisione e scambio. C’erano ragazzi provenienti da famiglie altolocate ed i figli degli emigranti, che socializzavano scontrandosi sul campo. Quella forza unificante e soprattutto competitiva, è stata fondamentale per la mia crescita.
Fu
Ferdinando Vanni ad importare la cultura cestistica a San Giovanni, un esule istriano che aveva compiuto un percorso importante a Livorno prima di trasferirsi in Valdarno. Una volta giunto in città, propose al Centro Sportivo Alberto Galli di praticare anche la disciplina che conosceva, formando la prima squadra di pallacanestro all’interno della quale spiccava Vincenzo Lorenzini, l’uomo che letteralmente costruì il promettente gruppo di cui feci parte. Quello cresciuto sui campetti del Don Bosco”.

Un uomo che ha plasmato la generazione d’oro del basket sangiovannese, allenando il giovanissimo Mannella, conducendolo fino alla prima squadra nel giro di pochi anni.

“Da giocatore appassionato, Lorenzini andava spesso a Milano per vedere la Simmenthal di Cesare Rubini, tornando con contributi video illuminanti, anche con registrazioni di partite Nba ancora inedite per i più” ricorda Francesco.
“Noi eravamo letteralmente estasiati da quel modo di giocare fatto di penetra e scarica, che Vincenzo ci insegnava traendone ispirazione.
Il vero salto di qualità avvenne mettendo in pratica quegli insegnamenti per ore ed ore, sfruttando i campi dell’Oratorio e giocando liberamente con un altissimo livello competitivo. Questo ci aiutava moltissimo a sbocciare, anche fisicamente. Tanto che
all’età di 16 anni raggiungemmo la serie B con il Centro Sportivo Alberto Galli, crescendo insieme e soprattutto vincendo.
Il gruppo di cui facevo parte contava giocatori come
Bernardoni, Masini, Romei, Palazzini e Mascherini tra gli altri, affiatati fin dalla più tenera età, perfezionato in quei campetti dove spesso incontravamo ragazzi più grandi. Anche il tener botta con uomini già formati risultò decisivo per noi, quando ci trovammo in categorie come la serie C e la serie B: nonostante dovessimo giocare contro trentenni con carriere già sviluppate, non c’era nessun timore reverenziale”.

“A livello di pari ruolo, mi scontravo continuamente con Riccardo Poggesi, un playmaker funambolico con il quale condividevo la squadra. Una sorta di Stephen Curry valdarnese dei tempi. Giocare in allenamento contro di lui è stato decisamente formativo, considerando la sua fantasia ed una gamma di finte che ubriacavano tutti, tranne il sottoscritto. Uno scontro alla pari che ricordo ancora con particolare affetto, importantissimo per la mia crescita.
Così come
riconosco a Vincenzo Lorenzini non solo di esser stato un grandissimo allenatore, ma anche un autentico maestro di vita. Un istruttore che dava il meglio di sé ai suoi allievi sul campo, che non ho mai visto sgridare un ragazzo con cattiveria. Veramente consapevole della sua missione e con un invidiabile controllo di sé stesso”.

La lezione appresa nel playground rappresenta un’eredità importante da tramandare per Francesco, dalla quale trarre ispirazione anche per il suo presente, pensando ai giovani appassionati.
“Proprio oggi, a Trapani collaboro con l’Amministrazione Comunale per dar vita ad un progetto simile, quantomeno nelle intenzioni. L’idea è quella di rilanciare i campetti all’aperto secondo la filosofia degli oratori della mia gioventù, da dislocale nei principali quartieri cittadini. Lo sport può avere un effetto calamita fondamentale per i più giovani, togliendoli dalla strada ed avvicinandoli ad una vita più sana e condivisa, seguiti da associazioni di volontariato.

Dal numero di Giugno 2020 di Valdarno Oggi

C’è bisogno di playground per attirare gruppi di ragazzi che possono essere incanalati in laboratori e workshop di formazione, non necessariamente circoscritti allo sport ma utili per la costruzione degli uomini di domani. Ognuno in base alle propri tendenze o ai talenti che sceglie di sviluppare.
Oltre alle motivazioni sociali, da un punto di vista sportivo
la condivisione del campetto porta ad una crescita agonistica importante, se si vuol intraprendere la carriera cestistica. Credo che sia impossibile lavorare su un talento con appena tre allenamenti settimanali. Servono passione e divertimento, oltre ad una pratica ai limiti dell’ossessivo, per la quale sono necessarie strutture disponibili”.

La consacrazione definitiva giunta con vittoria del contest, ha mosso ulteriormente Francesco Mannella ed i suoi progetti, seppur la sua vita extra cestistica fosse già caratterizzata da un attivismo spiccato verso lo sport ed il sociale.
“Pensa che nel contest relativo alla Serie A1 ha vinto Gianluca Basile, che ho massacrato a livello di voti nel contest di A2. Per cui, se guardiamo agli scontri diretti, mi sembra abbastanza chiaro chi dei due si sia laureato campione assoluto! scherza, con il proverbiale sarcasmo toscano.
Nella suddetta sfida online promossa dalla Lega Nazionale di Pallacanestro, Mannella ha surclassato giocatori del calibro di Francesco Foiera e Lynn Greer, prima di sconfiggere Pino Corvo dello Scafati Basket in finale, dopo essersi lasciato dietro proprio Basile nella semifinale.
“Per me è un risultato inestimabile” conclude Francesco. “A dimostrazione di quanto sia riuscito a restare nei cuori dei tifosi che mi hanno seguito, per le società che ho giocato e le realtà in cui mi sono speso”.

Con questa vittoria in saccoccia, posso dedicarmi allo sviluppo di alcune idee, che finalmente possono prendere forma. Il prossimo 11 di Luglio sarò proprio a San Giovanni Valdarno, per ricevere un premio dall’Amministrazione Comunale.
Oltre al Sindaco Valentina Vadi, ci saranno anche Alberto Benini e Giulia Mugnai, i Sindaci responsabili per l’ambito turistico del Valdarno Aretino e Fiorentino.
Viste le preferenze ottenute sia dalla comunità trapanese che da quella valdarnese, ho pensato di proporre un gemellaggio tra le due realtà. Una possibilità che permette scambi turistici e culturali, già discussa online attraverso un tavolo gestito dalla pagina Facebook “TrapaniSi”, e per questo visibile a tutti. Un modo, per ringraziare le due “tifoserie” mettendole in connubio, che ho definito simpaticamente “l’ultimo assist della mia carriera”.
Il protocollo di intesa è già firmato per quanto riguarda il Comune di Trapani, e formalizzeremo il tutto all’interno della
premiazione prevista al Palagalli alle 17.30 del pomeriggio.
Un’occasione simile può aiutarmi anche a condividere idee che sto portando avanti in Sicilia, con progetti di pallacanestro destinati ai bambini e soprattutto ai diversamente abili.

Dal numero di Giugno 2020 di Valdarno Oggi

Ci sono tante attività che vorrei introdurre anche per San Giovanni, con la possibilità di ampliare progetti di aggregazione già esistenti che porterebbero uno sviluppo sociale importante per tutto il territorio.
Da un punto di vista personale uscirà anche un libretto, una sorta di vademecum su
“come diventare Leggenda”, con l’obiettivo introdurre l’apprendimento della pallacanestro,secondo la mia esperienza. Un modo per sottolineare ulteriormente i valori più puri dello sport, parlando di agonismo ma anche di uguaglianza e solidarietà. Ma ci sono tante altre iniziative in lavorazione, che probabilmente vedranno la luce”.

Del resto la carriera di Mannella risulta esemplificativa anche a livello simbolico, come racconta lui stesso, tirando le somme di questa avventura.
“Uno piccolo come me, che non raggiunge neanche i 170 centimetri, nello sport dei grandi per antonomasia si laurea “Leggenda”. È un bel messaggio per raccontare quanto nello sport siano importanti dedizione ed amore, anche più del puro talento, comunque da accrescere e sviluppare con i sacrifici e la passione”.

Parti della stessa intervista, qui riportata integralmente, sono state pubblicate in tre differenti articoli nel numero di Giugno 2020 di Valdarno Oggi, mensile gratuito locale che ha scelto di onorare Mannella, con una serie di approfondimenti sulla carriera ed i suoi progetti.
Come testimoniato dalle scansioni dislocate lungo il testo, che portano la firma del sottoscritto autore di questo blog.

--

--

Un.Dici

Un.Dici è l'universo di Julian Carax, doppio di Davide Torelli, che sarei io. Qualcosa in più qui: https://linktr.ee/davidetorelli